I nipotini di Trasimaco giocherellano con le parole ignorando il dolo eventuale. Garantire il beneficio del dubbio a un orso è totalitario.

2014-09-25
Ero convinto che l'orsa che aggredí Sisinio Zanella il 25 maggio fosse Daniza. Poi sono andato a riguardarmi la sua intervista. E' un'altra orsa!
Infatti Zanella riferisce che i forestali gli hanno detto trattarsi di un'orsa cui il maschio ha ammazzato due cuccioli su tre. Quindi non era Daniza. Il che significa che abbiamo un altro orso pericoloso ancora in circolazione.
La Provincia, per giustificare la sua inerzia pur a fronte di un fatto increscioso, ha liquidato l'episodio come “falso attacco”, cosa che mi è sembrata surreale, anche se in linea con l'ideologia dei suoi esperti, ispirati dalle massime cautele e riguardi per una bestia e da conseguente grave noncuranza per gli umani, solo camuffata dietro a vuote parole.
Se uno viene aggredito da un orso che lo atterra e riesce a farlo desistere solo con cinquanta violente bastonate, non credo si possa parlare di falso attacco. Se io saltassi addosso a qualcuno e lo faccessi cadere a terra digrignando i denti minacciosamente non ci sarebbe nessun giudice che mi assolverebbe dicendo che il mio sarebbe stato solo un “falso attacco”.
L'orso invece viene assolto dai cosiddetti “esperti” della Provincia, che poi così sapienti non sono, se non in sofismi, visto che invece i professori da me consultati dicono esattamente il contrario, e in toni niente affatto sfumati.

Eirik Granqvist.
Zoological Museum of the University of Helsinki
Helsinki, Finland
Eirik Granqvist, già direttore del Museo Zoologico dell'Università di Helsinky, ora consulente dell'Unesco, ha risposto così al mio quesito: “L'uomo ha avuto molta fortuna a sopravvivere, questo genere di attacchi è sovente mortale. Valerius Geist è probabilmente la migliore fonte di informazioni riguardo ai cosiddetti falsi attacchi. Secondo me se l'orso ferisce l'uomo, se danneggia i suoi vestiti, o se tenta di atterrarlo si tratta di vero attacco. Solo chi ha una mentalità totalitaria può garantire il beneficio del dubbio ad un orso”. Valerius Geist, Professore Emerito di Scienze dell'Ambiente all'Università di Calgary, ha rincarato la dose: “L'affermazione del governo provinciale del Trentino è errata. L'attacco è stato portato da un orso privo di esperienza di uccisione di umani, ma è stato determinato e persistente. Mario ha ragione”.

Valerius Geist, Professore Emerito
Scienze dell'Ambiente all'Università di Calgary
Calgary, Canada

Quindi che la Provincia la finisca di dedicarsi alla sofistica interessata e catturi quell'orsa, che è evidentemente pericolosa. Se non lo fa e quell'orsa uccide qualcuno, la Giunta Provinciale e i suoi cosiddetti esperti risponderanno di omicidio volontario per dolo eventuale. Potrebbe essere configurato tale reato anche nel caso di un orso che uccide qualcuno senza aver palesato prima la sua pericolosità. Se però la pericolosità è conclamata, come in questo caso, direi che non ci sono dubbi. Mi farò carico di stilare personalmente la denuncia, anche alla luce delle illuminanti dichiarazioni rese recentemente dal Presidente dei Cacciatori Trentini Sassudelli, funzionario dell'Ufficio Statistico del Servizio Agricoltura della Provincia, il quale ha riferito essere stato a suo tempo valutato il rischio di un incidente mortale, giudicato basso e quindi accettabile. E infatti in merito è stata stipulata una polizza assicurativa e approvato un regolamento per la liquidazione degli indennizzi, che comprende anche la causa morte. L'accettazione del rischio, per quanto basso, è dolo eventuale.


Avv. Mario Giuliano



Questa la corrispondenza con i suddetti esperti:

Hi Lynda,
maybe you can help me with this. 
In order to minimize its responsibility, the provincial government of Trentino often qualifies as "false attacks" the aggressive behaviour of the bears. 
In particular they maintained it was a false attack what happened on May 25th, when a man was attacked by a bear, was downed by her, there was phisical contact, and the man could survive only by violently bludgeoning for 50 times the bear with a woodden stock.
In my opinion such a fact cannot be defined as a "false attack".
Thanks for the attention. 
Ciao, Mario 
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"The man had a very great chance to stay alive. Such attacks are generally deadly. It is not a question of a false attack but a very deadly one! We have had such attacks in Finland and Sweden recently but the attacked person could not tell any details since he was found dead." 
Eirik Granqvist 
Former chief conservator of the Zoological Museum of the University of Helsinki. 
Former director of natural history museums. 
Organiser of museum taxidermists education in China and Thailand. 
Adviser for UNESCO.   

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"Val Geist is probably the best source of info about "false attacks."  It is not a false attack, in my opinion, if the animal draws blood on the human, and or tears his clothes, and tries to knock the human off his feet.  That is a "real" attack." 


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"I think others are perhaps more qualified than I to address this, but many large predators "false attack," or as I have read Dr. Geist refers to it often as "prey testing". 
Now for a half "snigger." So what are people to do, wait to be attacked and then say, "Yeah, I wasn't sure it was a "false attack" or a real one?" 
Only Totalitarians would give the benefit of the doubt to the bear ! "" 

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"The claim of the provincial government in Trentino is in error. The attack was that of a bear inexperienced in killing humans, and it was a determined, persistent attack. Mario is correct. There are two good book out on bear attacks, and somebody should translate them into Italian." Sincerely, Val Geist 

The classic is by my colleague Stephen Herrero 1985. Bear Attacks, produced by Nick Lyons Books, published by Winchester Press 0-8329-0377-9ISBN, and James Gary Shelton 1998 Bear Attacks the Deadly Truth, Pogany Productions, Hagensborg, BC, Canada ISBN 0-9698099-1-3. This is actually Shelton's second book on bear attacks.  Stephen Stringham's 2007  Bear Viewing in Alaska is also excellent.

Best regards, Val Geist

Tribù pagane e bisogni del sacro.

2014-09-12
[3:07:18 PM] Mario Giuliano: http://americanart.si.edu/collections/search/artwork/?id=4271Con Daniza è successa una cosa che non era capitata con Bruno o con la povera orsa annegata a Molveno, credo per il semplice motivo che sono passati pochi anni, ma anche per le circostanze davvero eccezionali della vicenda. Con Daniza l'orso è tornato a pieno titolo animale totemico incarnando la nostalgia di sacro di una folta tribù pagana dei nostri tempi. L'animale temuto e venerato, ucciso e (proprio per questo) divinizzato, capro espiatorio collocato sul suo totem al di sopra degli umani e degli altri animali e assurto a simbolo di maternità universale non è più un orso come tanti inserito in un normale benché complesso rapporto ecologico. E' vittima sacrale dopo essere stato simbolo di violenza e di potenza e di fertilità. Gli innumerevoli animali domestici da lui sbranati non contano, sono vittime dovute al totem; l'innocente (un tempo) passeggiata nel bosco alla ricerca di funghi diventa superamento del confine del sacro, dove il totem regna con i suoi cuccioli; l'uccisione per mano di un potere costituito chiama in correità un intero popolo (i "trentini"), secondo schemi ahinoi ben noti, che per fortuna, ripetendosi in farsa, prevedono l'espiazione attraverso una pioggia di disdette di settimane bianche. E così via...Non giudico, constato. E confesso a mia volta un sottile, irrazionale turbamento per l'accaduto.

Marcello Bonazza

I frutti avvelenati di una propaganda disneyana

2014-09-12
Dopo aver giocherellato per 15 anni con un brand pericoloso ed aver fatto disinformazione a tamburo battente, la Provincia raccoglie i frutti avvelenati di quella propaganda, venendo ampiamente censurata sui media, con commenti vergognosi di diversi soggetti anche istituzionali, per un intervento che non può neppure definirsi maldestramente eseguito, data l'età dell'orsa, e che anzi era ampiamente tardivo.
Altro che caccia efferata per un mese e stupidaggini consimili!
Daniza si era da tempo segnalata come eccessivamente confidente ed era da mesi da considerarsi pericolosa. Con l'aggressione a Maturi la sua pericolosità era conclamata.
L'ordinanza della PAT, quindi, non solo non era eccessiva, ma era dovuta, non è stata eseguita con l'appropriata sollecitudine, e comunque era ed è incompleta per pura piaggeria dovuta a un atteggiamento politically correct del tutto fuori luogo, che causerà ulteriori danni, anche di immagine alla stessa Provincia.
I cuccioli infatti, sui quali così tanto si è fatto leva sui media, andavano anche essi catturati, e non solo per salvaguardarne la sopravvivenza, ma anche perché, se sopravvivono, diventeranno sicuramente orsi pericolosi, avendo visto la madre aggredire un uomo e avendo partecipato con la stessa a numerose predazioni in prossimità dei centri abitati.
Certo è più comodo lasciarli liberi, piuttosto che metterli al Casteller ed essere oggetto dell'assedio dei fanatici animalisti, così non si fa la cattiva figura di chi arresta i bambini, e si può sempre confidare nel fatto che questi non sopravvivano. Però tutto ciò non c'entra nulla con la tanto sbandierata serietà del progetto, che non c'è mai stata e adesso è possibile apprezzarne la follia.
Speriamo non si debba arrivare al primo morto per veder ripensare un progetto che non ha alcun senso.
A quel punto sarà tardi, anche per gli autori dello stesso e per coloro che si ostinano a non volerlo ridimensionare.

Avv. Mario Giuliano

Gli apologeti del neomalthusianesimo animalista


2014-09-03
Egregio direttore,
intendo rispondere all'editoriale dell'antropologo Canestrini del 31 agosto scorso intitolato “Troppi orsi? No, troppi uomini”, anche considerato che lo stesso irride la mia richiesta di autorizzare la libera vendita dello spray anti-orso al peperoncino.
Tra l'altro Canestrini utilizza l'argomento in modo incoerente rispetto alle sue premesse che non sia corretto sviare un discorso parlando d'altro: “Sono più importanti i curdi o i galli cedroni?”.
Ebbene dire che lo spray al peperoncino è inefficace nei confronti dei pirati della strada è appunto parlare d'altro e comunque lo spray non è letale e crea solo un'irritazione temporanea, quindi non c'entra nulla nemmeno con gli automatismi atavici di caccia, sterminio o cattura.
Canestrini poi prosegue sulla stessa strada di incoerenza affermando che il vero pericolo non sono i predatori ma gli infarti, gli incidenti stradali, il cancro, l'abuso di alcol, i pedofili in internet, le guerre, senza che si riesca a capire bene quale sia il senso ultimo del suo discorso.
Sconcerta però che un antropologo, utilizzando argomenti al più suggestivi, banalizzi vicende concrete, affermando che è giusto avere paura dell'orso, perché il bosco deve conservare mistero, tanto poi l'orso scappa, e questo all'indomani di una grave aggressione, riguardo alla quale sarebbe stato semmai da osservare che si sono visti meccanismi di colpevolizzazione e denigrazione della vittima questi sì primitivi.
Dovendo prevalere il mistero ed essendo la tecnologia una sorta di peccato mortale, sembrerebbe quasi che Canestrini aspiri a un'esperienza della montagna priva di qualsiasi cautela.
Andiamo pertanto in montagna senza guarda le previsioni del tempo, senza supporti tecnologici, magari con gli infradito e gli shorts, altrimenti perdiamo il gusto del mistero!
Pure banalizzante è paragonare la reintroduzione degli orsi in Trentino con una riserva di 24.000 ettari in Sudafrica. Intanto gli orsi non sono in una riserva a girano liberi in un territorio altamente antropizzato causando danni ad agricoltura e allevamento che solo in parte vengono risarciti. E poi non si ha idea delle proporzioni: tutti gli alpeggi dell'altopiano di Asiago, per fare un esempio, sono grandi 8.000 ettari. Quello che si può fare in un paese con grandi spazi non è quello che si può fare da noi.
Vi sono però due idee di fondo dell'articolo di Canestrini che sono molto più preoccupanti della serie di superficialità appena esaminata.
Una è l'idea neomalthusiana: gli uomini sono troppi. Ci vuole allora suggerire Canestrini quanti e come eliminarne?
L'altra è l'idea animalista che libertà, dignità e vita degli animali avrebbero lo stesso valore di quelle dell'uomo e che l'attuale gerarchia di valori, che è invece diversa, sarebbe immorale e antropocentrica.
Ebbene questa idea intanto è incoerente perché se così fosse ci dovrebbe essere maggiore tutela degli animali domestici, che invece possono essere liberamente sbranati dai predatori perché “quella è la loro natura”. Come se questa non fosse una gerarchia.
E poi questa ideologia è sovversiva e fomenta la violenza, per fortuna fino adesso prevalentemente verbale. Sarebbe il caso di smetterla di dare cattivi insegnamenti ideologici. Abbiamo già visto questo film, non è finito bene e non ci è piaciuto.
Cordiali saluti
Mario Giuliano

(pubblicato su L'Adige 3 settembre 2014

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Ci sono troppi orsi? No, troppi uomini
DUCCIO CANESTRINI
Sono più importanti i curdi o i galli cedroni? Che razza di domanda. Eppure c’è chi continua a farne, domande così.
Tendenziose. Perché chiaramente si vorrebbe sentirsi rispondere: i curdi! E invece no.
La risposta «giusta», tra virgolette, è che sono importanti sia i curdi, sia i galli cedroni. Durante un viaggio in Sudafrica, venti anni fa, ho conosciuto il proprietario di una riserva naturale, Clive Walker, al quale chiedevano spesso: ma scusi, sono più importanti i rinoceronti o le persone? E ogni volta Clive rispondeva che quella domanda era sbagliata.
Clive Walker aveva fatto il pilota d’aereo in Kenya, il cacciatore in Mozambico, il ranger in Botswana per poi diventare direttore del Wilderness Trust del Sudafrica e presidente della Rhino and Elephant Foundation, impegnato nella tutela dei pachidermi. Finalmente aveva capito che uomini e rinoceronti hanno uguale importanza e sono proprio la stessa cosa, se quella «cosa» si chiama vita e coesistenza nello stesso ecosistema. Vale per orsi, gorilla e squali martello. Non c’è una natura, né una ecologia, che stia fuori di noi. Così come non c’è un ambientalismo che non sia anche una nostra sociologia. Siamo tutti sulla stessa barca Terra, non ho dubbi che anche San Francesco, senza essere animalista, la pensasse così. Senza essere santo, Clive Walker aveva soprattutto a cuore le sorti dei bambini miserabili del ghetto di Soweto.
Se dunque una persona si appassiona al canto dei cervi in amore non è detto che sia sordo ai lamenti degli sfrattati di Los Angeles o al pianto dei negretti affamati. Non è vero e non è giusto dire che chi ha cuore per una causa etica è colpevole di trascurarne un’altra. Perché, volendoci alzare di cattivo umore, possiamo essere angosciati sia per l’estinzione del panda, sia per le lapidazioni delle donne adultere in Iran. Volendo invece alzarsi di buonumore, si può essere felici per ogni tipo di liberazione, tanto umana quanto animale. Detto per inciso, chi accusa Greenpeace di occuparsi di balene e non dei terremotati delle Ande, per questi ultimi concretamente di solito non fa nulla.
Veniamo a noi. Troppi orsi? Ma se un alieno osservasse dall’alto la piccola regione dove viviamo e il suo computer di bordo gli fornisse automaticamente informazioni sulle popolazioni di grandi mammiferi, il data base direbbe cinquecentomila ominidi, centomila bovini e cinquanta ursidi. Se la categoria del «troppo» va applicata a una di queste tre famiglie, sicuramente non è quella degli orsi. Troppi siamo noi, casomai.
Mentre oggi a Capri si nuota fra aliscafi e traghetti, il giornale «la Repubblica» mostra le foto dei dieci «paradisi incontaminati» e cioè i dieci luoghi meno visitati del mondo. Da noi uomini, s’intende, perché evidentemente abbiamo coscienza della nostra invasività e onnipresenza.
La paura del selvatico è un interessante sentimento primitivo, da studiare e magari anche da coltivare, ma senza isterismi. Che i boschi conservino mistero è necessario e affascinante, mentre oggi sembra che l’ambiente naturale debba essere campo, palestra o parco giochi. Avere paura dell’orso è invece giusto e bello (tanto scappa, non ci sbrana). Avere paura del pirata della strada è giusto ma non è bello. E quello sì che ti stira, anche se gli spruzzi sul parabrezza lo spray urticante al peperoncino un attimo prima che ti metta sotto.
Pieni di tecnologia come siamo, con geolocalizzatori satellitari e accesso a varie realtà virtuali, ci mettiamo a gridare «Al lupo!», come migliaia di anni fa, senza renderci conto che i veri pericoli sono altri. I nostri nemici sono gli infarti, gli incidenti stradali, il cancro, l’abuso di alcol, i pedofili in internet, le guerre. Ora se questo report obiettivo, fornito dalla strumentazione di bordo di un alieno in orbita, per noi non è un quadro chiaro, qualche motivo ci sarà. Per un verso siamo assuefatti ai comfort di cui ci dotiamo, per l’altro siamo sconvolti da una recessione economica che rimescola carte e certezze, risuscitando antiche paure. Non ci sarà più petrolio, non ci sarà più gas, mamma mia, dovremo andare a far legna con gli smartphone scarichi nei boschi pullulanti di orsi feroci.
Senza entrare nel merito del progetto di reintroduzione Life Ursus, è evidente che vi sia stata poca informazione, poca trasparenza, poca educazione. Quando Clive Walker ha reintrodotto il rinoceronte nero quasi estinto in Sudafrica, ha invitato nella sua riserva di 24 mila ettari di Lapalala centinaia di bambini provenienti dal degrado del ghetto di Soweto per fare «Environmental education». Una scuola di natura, ovviamente gratuita. Stai a vedere che invece di pretendere di dare lezioni di gestione a tutto il mondo, potremmo imparare qualcosa.
Forse dovremmo trovare il tempo per fermarci un po’ a pensare. Con un ragionamento di alto (stratosferico?) respiro appare antropocentrico e forse anche immorale assegnare gerarchie, quando si parla di libertà, di dignità e di vita. Le quali non sono privilegi dei trentini né de quei che ven da fora, né dei pinzoleri, né dei sudafricani. La libertà degli orsi e dei rinoceronti non vale più dell’uomo. La libertà dell’uomo non vale più degli orsi. La libertà è uguale per tutti. Chi vuole far prevalere il diritto dei tanti sui pochi, dei cinquecentomila sui cinquanta, è fuori dal tempo.
L’atavica guerra al selvatico, stravinta dall’uomo a partire dal Mesolitico, è un retaggio antropologico importante, ma restare in balia di automatismi di caccia, sterminio o cattura non è sensato. Altrimenti qualcuno, lassù, dovrebbe toglierci di mano le tecnologie belliche, le manipolazioni genetiche, le protesi informatiche. Perché noi, che non solo ci riteniamo più importanti di tutte le altre specie, ma ci comportiamo anche da prepotenti, noi uomini sì che siamo pericolosi.

(pubblicato su L'Adige 31 agosto 2014)